Toothpick
La galleria Massimo De Carlo è lieta di presentare TOOTHPICK, una nuova mostra personale dell’artista americano Christian Holstad.
TOOTHPICK è un viaggio appassionante all’interno della natura ciclica della creazione, della crescita, dello spreco e della dissipazione. Nella sua pratica Christian Holstad ha spesso esplorato, sia esteticamente che concettualmente, il contenuto dell’idea del consumo, dello sfruttamento delle risorse e del conseguente impatto che hanno nel mondo.
In TOOTHPICK questa esplorazione è affiancata dalla nuova musa dell’artista: il cibo. Negli ultimi anni, citando le parole dell’artista stesso: “cucinare è stato come imparare un nuovo linguaggio.”
La creta è stato il primo strumento utilizzato da Christian Holstad e l’artista ha scelto di tornare alla sua prima passione per questo nuovo progetto che presenta una nuova serie di opere in ceramica. Nei suoi anni di formazione l’artista ha scoperto la natura tattile, alchemica ed emotiva di questo materiale che condivide molte caratteristiche con il cibo e con l’atto di cucinare. La natura dell’argilla, abbinata alla relazione storica di questo materiale con il cibo, la rende lo strumento perfetto per tradurre nel vocabolario dell’arte questa ricerca sulla nutrizione e sullo spreco.
Molti dei lavori in mostra son il risultato dei soggiorni prolungati dell’artista a Faenza – una città dove vive una ricchissima tradizione legata alla ceramica. Affiancato da artigiani esperti, Holstad ha potuto sviluppare la conoscenza di nuove tecniche di lavorazione della ceramica distanti dalle tradizione americana, inglese e giapponese che ha già praticato largamente in passato.
Entrando nella prima sala lo spettatore incontra maschere inquietanti coperte di gusci d’uovo, ciotole per cani, pentole e padelle, cornucopie funerarie e il disegno di una lavastoviglie aperta che esala vapore. La galleria è trasformata in uno sconcertante ambiente domestico che pone delle domande e ironizza sulla nostra relazione con il consumismo mettendo l’accento su come noi stessi siamo consumati dal nostro stile di vita contemporaneo.
Al secondo piano, dopo aver seguito un corrimano realizzato ad hoc dall’artista – che richiama i colori dell’uovo- ci si trova nella sala più grande della mostra: qui la riflessione sul consumismo passa dal particolare all’universale. L’artista condivide e traduce in arte la sua esperienza giovanile di lavoro nel mondo del catering, facendo luce sull’abbondanza che è causa e conseguenza del consumo di massa. Le ceramiche delicatamente fatte a mano che raffigurano coperchi dei cestini dell’immondizia, simbolo che Holstad ha spesso indagato nella sua pratica artistica, diventa il paradigma dei crudi resti del nostro stesso ego, lontano dalla proiezione ottimista di noi stessi che inseriamo quotidianamente nei carrelli della spesa. Enormi stuzzicadenti, serpenti con facce di cigno sporche di caviale, pomodori lanciati contro muri di tessuto e una catena di montaggio di panini creano una narrativa che ci parla di ingordigia e golosità, lavoro e individualità, interiorità ed esteriorità.