Iva Lulashi
Iva Lulashi
Tre
quadri, esposti uno alla volta, che rappresentano storie femminili diverse ma
accomunate dal passaggio tragico, mistico e sensuale tra il corpo e l’altrove
attraverso il sacrificio.
Iva
Lulashi (Tirana 1988), una protagonista della rinascita della pittura italiana
degli ultimi anni, inaugura qui un nuovo ciclo della sua ricerca con un
progetto che è al contempo racconto intimo e dispositivo teatrale, immaginario
privato e narrazione paradigmatica.
L’impianto della mostra è di per sé una dichiarazione di intenti: tre grandi dipinti, esibiti in successione scandiscono il tempo espositivo come atti immobili di una pièce silenziosa. Come a teatro, la durata è parte integrante dell’opera e la visione è sempre parziale e differita.
Il dramma e la messa in scena caratterizzano questo ciclo pittorico, trittico virtuale in cui protagoniste sono figure di donne tratte da contesti letterari variegati: la dimensione favolistica della leggenda albanese di Rozafa, mito fondativo della città di Scutari, terra originaria della famiglia dell’artista; la tensione erotico-sacrale di Sancta Susanna (1921), opera espressionista di Paul Hindemit; il martirio collettivo di un convento di monache al tempo della Rivoluzione Francese narrato nei Dialoghi delle Carmelitane di Georges Bernanos (c.1948). Storie differenti, ricomposte in una sintassi pittorica coerente e febbrile, visivamente accomunate dalla centralità del corpo femminile, luogo in cui si consuma il conflitto tra eros e sacrificio, tra desiderio e abbandono.
Lulashi utilizza un linguaggio pittorico liquido ma capace di tenere insieme alle trasparenze e all’evanescenza delle velature la plastica dei panneggi e la forza dei volumi. Come nella pittura sacra, la pittrice costruisce uno spazio drammatico che è dimensione reale e palcoscenico fittizio, sospeso in una tensione crescente in cui il minimo gesto diventa un fendente che squarcia la superficie dell’immagine e apre ad un’interiorità grondante.
Nel dipinto dedicato a Rozafa, It is bread. It is stone. It is future. il mito prende corpo nella figura della protagonista mollemente adagiata sul muro nero che sta per inghiottirla per sempre, nel contrasto accentuato tra l’architettura fredda e inerte e il calore dell’incarnato dell’eroina. In I have not sinned, only hunger., due suore si sfiorano in una tensione pulsante che è tutta interiore, fatta di gesti mancati e geometrie inquiete. Infine, nel quadro ispirato ai Silence is a ladder. The last step is yours., una suora distesa, morta o solo arresa, incarna l’ambiguità del martirio come abbandono, la bellezza della resa come gesto finale.
A punteggiare la sequenza delle tre grandi tele, tre dipinti di piccolo formato, che agiscono come sussurri, frammenti di un linguaggio più intimo e scoperto. Qui la sensualità, trattenuta nei grandi quadri, si fa più esplicita, ma sempre filtrata da una pittura che non cede al compiacimento, ma lavora per allusione, tensione, stratificazione.
Con questo corpus pittorico l’artista italiana archivia così la stagione legata alla sgranata propaganda comunista albanese, aprendo una nuova fase in cui memoria personale e mito collettivo, eredità della fede e pulsione erotica, si fondono in una pittura che parte dalla carne per cercare la trascendenza.
-Arturo Galansino
Iva Lulashi si è trasferita in Italia nel 1997 e si è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2007, dove ha iniziato a esplorare la pittura come spazio del desiderio, della memoria e dell’ideologia. Nel 2024 è tornata a Venezia per rappresentare l’Albania alla Biennale, chiudendo con grazia il cerchio tra formazione e visione.
La sua pratica affonda le radici nei contrasti: l’erotismo trattenuto incontra la retorica limpida della propaganda comunista, generando immagini sospese tra attrazione e distanza ideologica. Nella fase più recente del suo lavoro, evoca il folclore albanese attraverso leggende ascoltate da bambina e tramandate nel tempo, ora intrecciate con figure mitologiche riscoperte nel teatro. Il risultato è un repertorio visivo in cui l’intimo diventa epico e il mito scivola con grazia nell’immaginario contemporaneo.
Tra le sue mostre personali più recenti si ricordano Love as a Glass of Water, Padiglione Albanese, 60a Biennale di Venezia (2024); Girandoti girandomi, Ordet, ospitata da Massimo Giorgetti, Milano (2024); Libere e desideranti, Chiesa di Santa Caterina, a cura della Collezione Giuseppe Iannaccone, Corniglia (2021); Love as a Glass of Water, Salzburger Kunstverein, Salisburgo; e Eroticommunism, Prometeo Gallery di Ida Pisani, Milano. Ha inoltre partecipato a numerose mostre collettive, tra cui: Twilight is a Place of Promise, Esther Schipper, Berlino (2024); Italian Painting Today, Triennale Milano, a cura di Damiano Gullì (2023).
Iva Lulashi è nata a Tirana, in Albania, nel 1988.