Sleep With the Key
La galleria Massimo De Carlo inaugura la sua nuova stagione espositiva milanese con Sleep With the Key, la
prima grande mostra personale in Italia dell’artista Kaari Upson. L’universo di Kaari Upson è un archivio
automatico dei sentimenti umani popolato di entità impenetrabili, oscurità e fantasmi. Azione e reazione
sembrano coincidere nel mondo caleidoscopico e oscuro di Kaari Upson: con un flusso di coscienza che
confonde costantemente realtà e fantasia, pubblico e privato, il sé e l’altro, l’artista californiana indaga i misteri
dell’esperienza umana.
Sleep With the Key è una finestra aperta sul mondo interiore di Kaari Upson, che schiude il ricordo di momenti
felici del suo passato, custoditi gelosamente sotto chiave nella memoria dell'artista.
La serie di nuove opere di Sleep With the Key sintetizza gli ultimi anni di ricerca dell’artista e costruisce un
universo carnale in negativo: la mostra di Kaari Upson è un progetto sull’assenza, la mancanza e il distacco; Sleep
With the Key è una mostra tutta incentrata sul corpo, ma dove il corpo non appare mai.
Sleep With the Key si apre con un monumentale gruppo di materassi unici realizzati in silicone. Kaari Upson
recupera le matrici delle sue sculture per le strade di Los Angeles. Materassi King size, Queen size, Single e Crib
size (il materasso per bambini) compaiono grazie all’accumulo di strati e strati di silicone liquido trasparente e
colorato, attraverso un processo di produzione che sfugge al controllo assoluto dell’artista. Le superfici di questi
oggetti si arricchiscono di sfumature inaspettate: passando da liquido a solido il silicone imprigiona i pensieri di
Kaari Upson e restituisce campiture carnose e sensuali che producono una sintesi perfetta tra pensiero razionale
e inconscio.
Al primo piano della galleria Kaari Upson presenta una serie di tappeti, realizzati sempre in silicone, e alcune
composizioni di calchi di piante di aloe: scritture incerte e specchiate, decorazioni astratte e colature di colore
rimangono incastonate nella trama e nelle fibre di superfici seducenti che cristallizzano un momento preciso nel
tempo e che segnalano ancora una volta l’assenza dell’essere umano. Su una delle pareti si apre una finestra su un
paesaggio ideale, uno spazio meditativo in cui proiettare il proprio sé.
Le opere di Kaari Upson ci sono apparentemente familiari, sono oggetti con cui ognuno di noi ha a che fare
quotidianamente eppure trasmettono un senso di turbamento, instabilità e perversione: nascosti tra le pieghe
dell’animo umano, i nostri sogni più inconfessabili affiorano dalle superfici traslucide e dalla fisicità misteriosa
dei lavori della Upson. “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a
ciò che ci è familiare” (Sigmund Freud, Il perturbante, 1919).