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Peter Halley

Date
09.09.2025 | 08.10.2025
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MASSIMODECARLO è lieta di presentare una mostra dedicata all’artista americano Peter Halley. Figura centrale nella pittura post-concettuale dagli anni Ottanta, Halley continua ad esplorare la geometria come linguaggio politico – capace di rivelare ed interrogare le strutture materiali, digitali e psicologiche che modellano la vita contemporanea.

Fondatore dell’influente rivista Index (1996–2005) ed ex-direttore del prestigioso programma MFA di pittura presso la Yale University, Halley ha attraversato con disinvoltura diverse discipline nel corso della sua carriera. Che si tratti di pittura, scrittura, insegnamento o editoria, Halley ha sempre guardato con attenzione le intersezioni tra arte, tecnologia e ideologia.

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I dipinti di Halley tracciano da tempo i sistemi – visibili e invisibili – che governano le nostre vite. Da oltre quarant’anni lavora con un lessico visivo fatto di “celle”, “prigioni” e “condotti”, attingendo all’eredità dell’astrazione geometrica del XX secolo. La sua operazione, tuttavia, non vuole trascendere la realtà, quanto piuttosto analizzarne i meccanismi di controllo. Dove il Minimalismo vedeva la griglia come uno spazio di ordine estetico, Halley la reimmagina come una rete carica di energia: interconnessa, sorvegliata e inserita nelle logiche del potere.

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HAP 0007 25 001
Ace
2025
Peter Halley
HAP 0008 25 001
Blind spot
2025
Peter Halley

Questa mostra segna il ritorno di Halley a Londra dopo diversi anni, anche se, come lui stesso osserva, la città non lo ha mai davvero lasciato. Sin dagli anni Ottanta, quando le sue opere furono esposte per la prima volta alla Saatchi Gallery e, successivamente, in una mostra personale itinerante all’ICA nel 1991, Londra è rimasta un luogo chiave di dialogo e riconoscimento. “Probabilmente c’è stata più risposta al mio lavoro da parte degli artisti a Londra che in qualsiasi altro posto”, riflette, ricordando come un’intera generazione scoprì per la prima volta le sue opere proprio grazie a quelle mostre formative.


L’architettura della sede londinese di MASSIMODECARLO – ornata, stratificata e tutt’altro che neutra – rappresenta sia una provocazione che una controparte visiva. La risposta di Halley è, come sempre, attenta al contesto, e amplifica la tensione tra superficie e struttura, artificio e materialità. Collocate contro le pareti verdi della galleria, le sue composizioni fluorescenti e perlacee appaiono come portali luminosi o recinzioni controllate. A Halley viene spesso attribuito il merito di aver anticipato le condizioni psicologiche e spaziali dell’era digitale. In molti sensi, è il presente ad aver raggiunto la sua pratica.

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La gamma di colori in questi nuovi lavori riprende l’audace linguaggio cromatico delle opere di Halley degli anni Novanta e primi Duemila: rossi perlati, verdi sintetici e blu scintillanti che ricordano lo smalto per unghie o la vernice delle auto. “Penso che avranno un impatto drammatico nello spazio, piuttosto che armonizzarsi con esso,” osserva Halley. Le spesse barre delle sue finestre-prigione sono costruite con cinquanta mani di acrilico mescolato a pasta modellante, mentre la texture circostante è realizzata con Roll-A-Tex – un rivestimento commerciale ed economico comunemente usato per coprire pareti o soffitti. Questi dipinti imitano la costruzione architettonica, seppur svelandone le illusioni – allo stesso tempo facciata e struttura portante.

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HAP 0009 25 001
Locked
2025
Peter Halley
HAP 0005 25 001
The Ritual
2025
Peter Halley

Se l’Halley degli esordi era influenzato dalla teoria, in particolare di Baudrillard e Foucault, il suo vocabolario visivo è oggi pienamente interiorizzato. Le sue opere non vogliono più illustrare quelle idee, ma le incarnano, rendendole parte integrante del suo linguaggio. Le composizioni recenti fratturano la tela unificata in aree, dando vita ad una sorta di Cubismo sintetico per l’era digitale. Questi campi interconnessi – talvolta impilati come i totem in acciaio di David Smith, talvolta tremolanti come finestre aperte su uno schermo – riflettono un mondo in cui lo spazio è sempre stratificato e provvisorio.


Per Halley, questa profondità ridotta non è un fallimento dell’illusionismo, ma una presa di posizione filosofica. I suoi quadri sono sezioni architettoniche – viste laterali delle nostre vite sociali compartimentate. Restiamo fisicamente isolati ma digitalmente connessi, in ambienti governati da sistemi invisibili progettati da qualcun altro.


Qui, l’astrazione è messa a nudo. Halley dipinge la griglia non come utopia ma come infrastruttura, come qualcosa di costruito, imposto e che va messo in discussione. Col tempo, il suo linguaggio formale si è approfondito, ma le strutture che affronta sono rimaste ostinatamente inalterate. Le condizioni politiche ed economiche che ha iniziato ad esplorare negli anni Ottanta non sono state risolte, bensì si sono amplificate. Il suo lavoro non guarda indietro, bensì, insiste.

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HAP 0003 25 001
Rebuilding
2025
Peter Halley

Artista

Ph Rafik Greiss
Peter Halley

Opere

HAP 0003 25 001
Rebuilding
2025
Peter Halley
HAP 0005 25 001
The Ritual
2025
Peter Halley
HAP 0006 25 001
Off the Grid
2025
Peter Halley
HAP 0007 25 001
Ace
2025
Peter Halley
HAP 0008 25 001
Blind spot
2025
Peter Halley
HAP 0009 25 001
Locked
2025
Peter Halley