Greenhouse
La galleria Massimo De Carlo è lieta di presentare Greenhouse, la prima personale di Gianfranco Baruchello negli spazi di Palazzo Belgioioso a Milano. La mostra riunisce una selezione di opere realizzate nel corso della lunga ed eccezionale carriera di Baruchello, che ha esplorato e reso concreto attraverso l’arte un interesse inestinguibile per le relazioni che legano i meccanismi della mente a organizzazioni complesse come l’architettura, il design, l’anatomia, l’agricoltura e la natura.
La mostra traccia la passione di Baruchello per l’analisi dello spazio – mentale e fisico – in quanto linguaggio, un’iconografia architettonica che comprende e incarna valori, gesti, metamorfosi. Questo linguaggio empatico, esplorato con una vasta varietà di media – dalla pittura, al video alla land art – in Greenhouse si racconta attraverso una serie di larghe tele popolate da minuscole figure, gli iconici assemblaggi in scatola degli anni settanta, sculture e installazioni.
Greenhouse incarna l’esperienza caleidoscopica di assorbimento della molteplicità di immagini e di informazioni da parte di Gianfranco Baruchello, dall’inizio degli anni sessanta alla prima metà degli anni novanta. Ogni lavoro diventa una riflessione grafica sulle relazioni dell’individuo con lo spazio e con i mutamenti del paesaggio urbano. Per Gianfranco Baruchello lo spazio, tangibile ed interiore, va ricodificato attraverso la pittura, la scultura e la loro sintesi. La cifra anti-monumentale dell’artista prende forma attraverso le gestualità quotidiane, delineando e curando un giardino che imita la complessità della mente. Greenhouse rappresenta il compendio di un’esplorazione appassionata – lunga una vita – negli spazi, nelle forme e nei territori di quell’area indefinita, primordiale e onirica, dove si accorcia la distanza tra il sé e l’altro.
Le opere in mostra raccolgono e riassumono l’abilità di Gianfranco Baruchello di tradurre in arte la sua relazione con lo spazio che lo circonda, tracciandone sia la narrativa politica e sociale che quella poetica e filosofica.
Il dittico iconico More news in a moment but first this message (1968), composto con ritagli di giornali e disegni a matita su tela, illustra il rapporto tra l’artista e il tentativo di decodificazione della complessità della stratificazione d’informazioni e linguaggi mediatici dell’epoca – tra guerra in Vietnam, rivolte studentesche e televisione. Gli assemblaggi in scatola degli anni settanta, abitati da uniformi Duchampiane e pensieri politici, sono raffigurazioni dell’interpretazione di Baruchello dell’ascesa del movimento femminista in Italia: con l’emergere del femminismo, Baruchello auspica a un trattato di pace tra i generi, anticipando un’attitudine che comparirà solo qualche decennio più tardi. Nell’ultima sala della mostra altri due oggetti della fine degli anni settanta raccolgono in maniera frammentaria e antistorica un personale archivio delle ossessioni dell’artista.
I tre quadri di
Nella stalla della Sfinge (1980-1981) rappresentano la parte conclusiva di una ricerca di Baruchello dedicata al tema della dolcezza e del sapore dolce serie di interviste filmate assieme a filosofi e critici tra cui Jean-François Lyotard e Félix Guattari. Le tele sono disseminate di minuscoli personaggi e caratteri, che popolano il mondo interiore e la pratica artistica di Baruchello: i temi più ricorrenti sono quelli della casa, dove interni, stanze e tappeti di carne descrivono stati il progetto si era articolato in un libro e in una fisici e stati d’animo.
L’opera Acrobata Clandestino, esposta alla Biennale di Venezia nel 1988, è un esempio eccellente di rappresentazione del rapporto complesso tra filoso e artista, dove secondo Gianfranco Baruchello l’artista è come un acrobata che esegue le parti difficili dell’attività filosofica, ciò che i filosofi non hanno il coraggio di fare.
L’installazione Una casa in fil di ferro (1975) e la scultura Greenhouse (1977) incarnano l’esperienza dell’Agricola Cornelia, una fattoria sulle colline romane dove l’artista ha vissuto e lavorato dal 1973 al 1998 (oggi sede della Fondazione Baruchello) e alludono alla ricerca di un proprio spazio, sia fisico che mentale: case effimere e aperte da abitare e spazi da coltivare, le Greenhouse fanno parte del periodo in cui Baruchello aveva esteso la sua pratica artistica perfino alla coltivazione degli ortaggi.
Artista
Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924 - Roma, 2023) ha vissuto e lavorato a Roma e a Parigi.
Nella sua lunga attività di ricerca artistica ha conosciuto e attraversato le principali tendenze del secondo dopoguerra, dalla Pop Art all’Arte Concettuale. Ha utilizzato, dalla fine degli anni Cinquanta, diversi media: pittura, cinema, installazione, oggetti, scultura e pratiche performative. La prima mostra personale risale al 1963, presso la galleria La Tartaruga a Roma: grandi tele e piccoli oggetti si concentravano sull’idea della formulazione di un alfabeto di immagini che lui chiama Bisogno (tradotto da Il Need), Paura, Energia Errore, Entità Ostile, ecc. Nel 1964, in occasione della mostra presso la galleria Cordier & Ekstrom a New York espone opere che presentano un significativo punto d’arrivo della sua ricerca: frammentazione, disseminazione sulla tela di immagini ridotte a minimi elementi e decentramento concettuale dello spazio.
Dal 1960 inizia a produrre brevi film, tra i quali Il grado zero del paesaggio (1963), Verifica incerta (1964- 1965). Baruchello ha portato l’idea stessa di frammentazione e montaggio nella sua sperimentazione con la pittura, la scultura e le immagini in movimento. Negli stessi anni realizza libri d’artista tra cui La quindicesima riga (righe di testo prelevate da centinaia di libri) e il libro Avventure nell’armadio di plexiglass. Nel 1962 conosce Marcel Duchamp, al quale dedica nel 1985 il volume Why Duchamp, pubblicato da McPherson, New York. Nel 1973 avvia il progetto Agricola Cornelia S.p.A., un esperimento tra arte e agricoltura, che lo impegna per otto anni. Nel 1998 ha istituito, con Carla Subrizi, la Fondazione Baruchello.
Ha più volte partecipato alla Biennale di Venezia (1976-80, 1988-90, 1993, 2013) e a Documenta di Kassel (1977, 2012). Le opere di Baruchello fanno parte di collezioni museali di tutto il mondo: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e MAXXI (Roma), MoMA e Guggenheim Museum (New York), Hirshhorn Museum (Washington), Philadelphia Museum of Art (Philadelphia) e anche Barcellona, Monaco, Amburgo, Londra e Parigi.